Ci prendiamo una pausa
Era il novembre del 1989 quando venne registrata la testata del Provinciale. Molte cose successero in quell’anno. A marzo il voto in Russia aprì a Gorbaciov ed alla perestrojka, a giugno i fatti tragici di Tienanmen in Cina con i fermenti di libertà sanguinosamente soffocati, a novembre la caduta del muro di Berlino che separava ideologicamente le due Germanie. Il Papa Giovanni Paolo II andò in Russia. Anno di grandi cambiamenti: ci stava anche una nuova testata agile, forte, indipendente, nel senso che dipendeva da tutti i lettori, e solo da essi. Oltre che, naturalmente, dalla pubblicità. Sponsor chiari, che volessero solo fare pubblicità e non ‘comprare’ l’informazione. Così cominciammo. Un progetto che per i tempi era talmente all’avanguardia da sembrare assurdo. Far prendere coscienza e consapevolezza delle proprie potenzialità alla realtà sociale e culturale del Medio Campidano. Tra Cagliari e Oristano c’era gente che progettava, era viva e vitale. Insegnanti, medici, politici, ingegneri, studenti, scuole… che non valevano meno solo perché ‘provinciali’. Non c’era quindi solo ‘una grande distesa di campagne dove pochi pastori accudivano le loro greggi e dove dal nuorese la transumanza trasferiva gli animali’.
Fummo subito simpatici. E lo rimanemmo per alcuni anni, tre o quattro, quando la crescita del giornale cominciò a infastidire. Ad alterne simpatie andammo avanti, etichettati in alcuni paesi come targati Dc (ai tempi!) in altri targati invece Pci (ancora ai tempi!, quando era facile etichettare cose e persone). E questo ci convinceva che stavamo lavorando bene, perché se i giudizi erano così diametralmente opposti evidentemente infastidivamo equamente tutte e due le parti politiche più forti del tempo.
Tanti hanno creduto in noi per 25 anni e ci hanno permesso di sperimentare con onestà un ambizioso progetto informativo e sociale.
Tanti giornali sono nati e scomparsi nel Medio Campidano da allora. Ci resta il vanto di aver fatto -ci si consenta l’orgoglio- da apripista per i tanti che sono venuti a seguire: se lo fa lui (ma non era proprio questa l’espressione, era più colorita!) lo posso fare anch’io. Tanti l’hanno detto e alcuni l’hanno fatto. Abbiamo iscritto all’albo dei giornalisti 16 collaboratori, e anche questo è un legittimo merito che ci prendiamo.
Abbiamo imparato da quanti ci hanno sostenuto, ma più ancora da quanti ci hanno criticato. Da essi abbiamo appreso cosa non piaceva, e le lezioni che fanno male sono quelle da cui si impara di più. Degli ultimi, in particolare, ricorderemo l’affettuosa e assidua partecipazione nel criticare articoli e -comunque- la presenza nel giornale che non rispondeva alle varie aspettative. I lettori ci hanno resi depositari dei loro affetti, dei loro pensieri, dei loro dispiaceri, e di questo non li ringrazieremo mai abbastanza: la storia dei nostri paesi è passata anche attraverso le nascite, i matrimoni e -purtroppo- anche l’addio ai nostri cari. Averne voluto dare conto attraverso le pagine del nostro giornale è stato per noi un grande riconoscimento. Affidare alla carta stampata il ricordo di quanti ci hanno lasciato non si fa certamente a cuor leggero.
Gli emigrati ci hanno sempre riservato un riguardo che spesso ci ha commosso e inorgoglito. Quando il giornale non arrivava nei vari paesi d’Italia -vedi i noti disservizi postali- e noi proponevamo la restituzione del denaro dell’abbonamento, sempre ci siamo sentiti dire: ma io non voglio i soldi, voglio il giornale, anche se mi arriva un mese dopo! Cosa avremmo potuto sperare di più?
Oggi i tempi sono mutati. L’informazione pura non resiste più: internet, social network, volantini mediano i messaggi bruciando i tempi, a volte a scapito del rigore e della qualità. E se Mondadori chiude 20 testate e RCS ne chiude 12, e il Corriere della Sera mette in prepensionamento 70 giornalisti, è segnale del mondo dell’informazione che cambia e si piega alle esigenze di mercato: tutto, subito e possibilmente gratis.
In quest’ottica, nonostante non sia mai mancata la stima e la partecipazione, le aspettative di lettori e collaboratori del Provinciale non sono più soddisfabili con la più limpida serenità di lavoro e di impegno.
Da alcuni anni (chi ci segue da vicino sa bene perché) la redazione si è ridotta -almeno nella parte interna, che è poi quella che lavora a tempo pieno e quella che deve rapportarsi con tutti i problemi di organizzazione anche oraria nonché economici- a due sole persone. Quindi ci prendiamo del tempo per riorganizzarci, per riflettere, anche in attesa di una ripresa economica, trovare un nuovo equilibrio. Purtroppo non si vive di complimenti e di metaforiche pacche sulle spalle.
Non consideriamo concluso il progetto del Provinciale ma momentaneamente lo sospendiamo; insomma, siamo ancora in possesso di una ottima macchina, ben collaudata e rodata, ma ci manca la benzina.
Resteremo ancora in distribuzione fino al 15 Giugno; se gli sponsor -che ancora ringraziamo di cuore per la fiducia e la stima che ci hanno sempre accordato- vorranno darci fiducia con gli ‘speciali’ a distribuzione gratuita ed altre forme di informazione che cercheremo di realizzare, speriamo di incontrare ancora il prezioso favore dei lettori.
Quindi nessun funerale, prego, solo un ‘arrivederci e grazie’ col sorriso e la consapevolezza di aver lavorato bene e deciso per il meglio.